23 Novembre 2024

CENNI STORICI SU CASOLI CON LINK CORRELATI INTERATTIVI



Cenni storici di Francesco Verlengia in “Terre e castelli abruzzesi: cenni sulle origini di Casoli”. Articolo pubblicato nel 1959 su “Rivista abruzzese”, (A. XII) n.4, p.123

Casoli, nel chietino, è una grossa terra, che, per i suoi istituti, per la sua agricoltura, i suoi commerci, per la civiltà dei suoi abitanti, si avvia a divenire una piccola città. Sorge sulla sommità di un alto colle, da cui si scorgono, da una parte la giogaia centrale della Majella, e, dall’altra, i piani dell’Aventino e del Sangro, che si estendono fino al mare coperti da folta ricca vegetazione di ortaglie e frutteti; e divide con Atessa il primato e la centralità di tutta quella amenissima parte di territorio, che costituisce come il cuore della provincia di Chieti.
Casoli, come tutti i paesi che la circondano, e cioè, Palombaro, Gessopalena, Altino, Lama, Civitella messer Raimondo, Atessa, Archi, ecc., ha origini antiche, e non ha valore l’opinione di coloro i quali affermano ch’essa sia sorta nel sec. XV dopo la distruzione del castello della Roma, che, alla sua volta, sorgeva sul pianoro omonimo, che si eleva più a settentrione, in contiguità dei territori di Palombaro, Pennapiedimonte e Guardiagrele.
     Il colle, ove ora sorge il paese, doveva essere abitato sin dai bassi tempi romani, e la popolazione doveva addensarsi vicatim, cioè a piccoli gruppi, in parte sulla sommità del colle stesso, ove oggi si elevano la chiesa parrocchiale e il castello, e, in parte, a mezza costa del colle per chi provenga dai piani dell’Aventino, nei pressi dell’odierna chiesetta di S. Giustino. Le case dovevano spiccare con chiarezza tra la vegetazione arborea, indubbiamente ricca fin d’allora di olmi e di olivi, e dovevano contribuire per la loro caratteristica e la loro positura a dare il nome alla contrada: Casulae, ad Casulas, le piccole case, alle piccole case, come dice il nome, che si è tramandato attraverso i secoli, e che è caratteristico dei bassi tempi romani.
Dai nuclei romani devono essere derivati i nuclei del periodo che segue, cioé di quello barbarico, quando forse la popolazione ivi dovè intensificarsi, sia per necessità di difesa, sia per obbedire allo spirito dei tempi, che, ad opera dei Longobardi, erano tutti intesi ad accentrare le nostre popolazioni agresti intorno a rocche o fortilizi. In quel tempo, indubbiamente si originarono il Gesso, Lama, Torricella, Palombaro, Atessa, Archi, Fara S. Martino, Civitella messer Raimondo, come gran parte degli altri castelli del gastaldato teatino; e, indubbiamente sorse in quel tempo tanto la chiesa di S. Giustino, a mezza costa del colle, quanto la chiesa di S. Maria, sulla sommità del colle, chiese le quali, benché modificate e rifatte, esistono ancora.
Dellantichità della chiesa di S. Giustino è prova la conferma che di essa ecclesiam S. Justini in Casule fa il papa Alessandro II ad Andrea vescovo di Chieti in un diploma dell’anno 1173; e la conferma di possidenza, che della medesima chiesa – S. Justini de Casole – il medesimo papa, a breve distanza di tempo, nel 1176, fa al monastero di S. Giovanni in Venere; e n’é prova l’esistenza di un cimitero cristiano, che doveva stendersi nelle sue adiacenze, come é resultato da scavi praticati sul posto nel 1843, durante l’apertura della via Frentana, come mi assicurava molti anni or sono il compianto e colto Arciprete di Casoli don Giuseppe Colanzi, e come io medesimo ho potuto constatare nelle mie frequenti gite in territorio casolano; cimitero costituito da tombe a lastroni, del medesimo tipo di quelle rinvenute molte diecine di anni or sono in contrada S. Pietro in Altino.
Dell’antichità della chiesa di S. Maria son prova numerosi resti scultorei in pietra di epoca barbarica, probabilmente del secolo X, murati esternamente e internamente nelle pareti del campanile, e scolpiti su lastre regolari di pietra, un tempo destinati a pavimentare la Chiesa stessa nella zona del presbiterio. Non so se le sculture del campanile esistano ancora, ma, se esistessero, bisognerebbe curarne la conservazione perché esse rappresentano le voci più antiche dell’abitato cristiano di Casoli (1).
L’esistenza di Casoli, poi, nel periodo barbarico, è documentata da un’antica e importante scrittura cassinese del secolo IX, il Memoratorium abbatis Berthari, una memoria in cui si traccia l’elenco di tutti i beni posseduti dalla badia di Montecassino nel comitato teatino, beni acquistati in seguito a donazioni dei re Carlo, Pipino, Lotario, e Ludovico; e, in cui, insieme con altre località delle valli dell’Aventino e del Sangro, si ricordano anche la «ecclesia S. Crucis in pertinentia de ipsa Roma cum mille quingentis terrae modis et medietate ipsius castri de Cusule cum peninentis suis», cioè, la chiesa di Santa Croce nelle pertinenze della Roma con mille e cinquecento moggia di terra, e metà del castro di Casoli con le relative pertinenze. Nella seconda meta del secolo IX, dunque, Casoli era già un castrum, di cui metà del territorio era posseduto dalla badia di Montecassino (2).
Dal punto di vista feudale, le memorie di Casoli rimontano al secolo XI, e sono relative alla costituzione della contea di Manoppello, che si originò dalla contea di Chieti accentrando tutte le terre della Majella orientale e settentrionale. Il feudo di Casoli, in quel tempo, entrò a far parte della contea di Manoppello, e, salvo qualche breve parentesi, vi restò sino alla fine del secolo XV cadendo in potere di quanti ebbero la contea stessa fino agli Orsini, che lo perdettero per ribellione agli Spagnoli, conquistatori, in quel tempo, del regno di Napoli. Concesso in seguito a Bartolomeo d’Alviano, condottiero perugino, e devoluto, per lo stesso delitto di ribellione, nel 1514, a Fabrizio Colomia, passò poi, in un primo tempo, ai Caraffa, e, in un secondo, ai D’Aquino, che, col titolo di duchi, lo tennero sino all’estinzione del feudalismo.
E, durante questi periodi, la popolazione del paese si accrebbe, diminuì, si accrebbe ancora seguendo le alee e le vicende de’ varii domini. Nel 1447, Casoli contava fuochi 119; nel 1532, ne contava 219; nel 1545, ne contava 236; nel 1561: 261; nel 1595: 296; scendendo a 230 nel 1648, e a 150 nel 1669 dopo la peste del 1656, che ridusse a un terzo la popolazione del regno di Napoli. Nella fine del secolo XVII, la popolazione di Casoli ammontava a 4500 anime, e nell’ultimo censimento ad anime, 8637.


NOTE:

  1. La chiesa di S. Maria Maggiore di Casoli, secondo lo scrittore casolano Mosé D’Amico, sarebbe stata costruita nel 1455, ma tale data, che si leggeva sulla porta dell’antico cimitero sottostante alla chiesa, deve riferirsi alla ricostruzione di qualche parte dell’edificio. La fondazione della chiesa è assai più remota, come attestano i resti del periodo barbarico da me sopraccennati, e come attesta la menzione che di essa si fa nelle «Rationes decimarum Italiae. – Aprutium Molisium» pubblicate a cura di P. Sella, in cui, fra le chiese di Casoli reddentj alla S. Sede nel 1324-25, si ricorda anche la chiesa di S. Maria. Erra poi il D’Amico nell’affermare che la Chiesa di S. Nicola del Piano e quella S. Pietro sono sorte tra il 1417 e la prima metà del Cinquecento. Anche esse sono ricordate nelle «Rationes decimarum», fra le chiese esistenti in Casoli nel 1324-25. E si ricorda nelle «Rationes decimarum» dei medesimi anni la chiesa di S. Giacomo del Piano, che il D’Amico invece vuole fondata tra il 1578 e il 1584. In quel periodo forse la chiesa fu ricostruita o restaurata. Non è improbabile, infatti, che la sua fondazione, indubbiamente remota, sia dovuta a qualche antica colonia slava pervenuta nel comitato teatino, dato che gli Slavi hanno sempre considerate S. Giacomo come loro protettore.
  2. Un’altra memoria casolana del periodo barbarico potrebbe esser data dal nome di S. Salvatore, che da antico ha la contrada che comprende le pendici orientali del colle paesano. Non è improbabile, infatti, che ivi sia esistita una chiesa intitolata al Salvatore; mentre tale appellativo è quello col quale i Longobardi preferirono chiamare il Redentore. N’è prova il gran numero di chiese da essi erette al Redentore sotto tale titolo, fra le quali è da rammentarsi quella di S. Salvatore a Brescia, così nota nella storia dell’arte del periodo barbarico

BIBLIOGRAFIA:

  1. Cronica abatiae Cassinensia auctore Leone Ostiense seu Marsicano. Lutetiae Parisiorum, 1668;
  2. Mons. Enrico Carusi. Il «Memoratunum» dell’abate Bertario sui possessi cassinesi nell’Abruzzo teatino, e uno sconosciuto vescovo di Chieti del 938. Estr. da «Casinensia», Montecassino, 1929;
  3. A. L. Antinori. Raccolta di memorie storiche delle tre provincie degli Abruzzi Tomo II. Napoli, 1782;
  4. L. Giustiniani. Dizionario geografico-ragionato del regno di Napoli. Napoli, 1804;
  5. F. P. Ranieri. Guardiagrele. Lanciano, Masciangelo, 1926;
  6. N. F. Faraglia. I miei studi storici delle cose abruzzesi. Lanciano, Carabba, 1893;
  7. Rationes decimarum Italiae. Aprutium-Molisium. Le decime dei secoli XII-XIV – a cura di P. Sella. Città del Vaticano, 1936;
  8. G. M. Bellini. Notizie storiche del celebre monastero benedettino di S. Giovanni in Venere Lanciano, Tommasini, 1887;
  9. C. de Laurentiis. Il gastaldato e la contea di Chieti con la serie dei suoi conti. (Bollettino della Società di storia patria A. L. Antinori negli Abruzzi. Anno XV, serie 2a, puntata VI. Aquila, 1903);
  10. D. Romanelli. Scoverte patrie di città distrutte e di altre antichità nella regione Frentana. Tomo II. Napoli, 1809;
  11. N. F. Faraglia. La numerazione dei fuochi nelle terre della valle del Sangro fatta nel 1447 (Rassegna abruzzese di storia e arte. 1898, n. 5-6);
  12. Mosé d’Amico. Offici de’ Santissimi Cuori di Gesu e di Maria – a divozione della Congrega de’ Sacri Cuori in Casoli. Chieti, Del Vecchio, 1859;
  13. D. Rossetti. Per le nozze della Sig.na Maria de Vincentiis di Casoli col Sig. Costantino D.r Marone di S. Angelo Lirnosano. Lanciano, Carabba, s. d.;
  14. Alberto del Pizzo. Un paese d’Abruzzo: Casoli (Nord c sud. A. II, agosto 1956).

Brevi cenni storici su Casoli a cura del Prof. Casimiro Tilli. Scritto nel mese di Novembre del 2001 per casoli.org

Molti documenti storici ancora esistenti e quindi consultabili presso l’Archivio Storico di Chieti, di Napoli, de L’Aquila e presso l’Arcivescovile di Chieti, quali i libri della decime, quelli della intitolazioni delle chiese, l’inventario dei beni benedettini nel nostro paese in epoca medioevale e tanti altri documenti ecclesiastici di vario genere, ci dicono in modo inequivocabile che Casoli, sotto il nome di Casulae, risale all’ottavo secolo.
  I primi insediamenti umani sulla nostra collina, furono certamente quelli dei cluviensi e dei romani, che si fermarono colà per ragioni di difesa e di vicinanza alla strada, ben trafficata dalla montagna al mare : “la muntanijere“. Secondo Verlengia ed altri studiosi, il primo nucleo abitativo si trovava tra San Salvatore (termine di origine longobarda) e Sant’Agostino, unita a questa chiesa, c’era un piccolo cenobio benedettino che aveva avuto terre in donazione da vari re franchi, quali Carlo, Lotario, Pipino e Ludovico.
   Dopo il crollo dell’impero carolingio, Casoli entrò a far parte, come modesta baronia, del feudo di Manoppello e fu portato in dote a Napoleone Orsini da Tommasa Palearia, figlia unica del conte Gualtieri. Questi Orsini, principi cadetti del grande casato romano degli Orsini, che diedero alla chiesa cattolica papi, cardinali, arcivescovi e che furono anche governatori, costruirono parte del nostro castello, in particolare tutto il lato nord della fabbrica, che si completerà nel tempo sotto altri feudatari sulle rovine di un preesistente castrum : ce ne parla ampliamente A. Paterno in un suo interessante libro. Dopo l’ala nord del castello, gli Orsini, molto probabilmente nel 1305, costruirono una cappella gentilizia, che in seguito, con l’aggiunta della mezza navata di destra e dell’intera navata di sinistra (che ha formato l’Arco del Purgatorio) e con la realizzazione dell’attuale abside, si è trasformata in quella che attualmente è la nostra Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Maggiore, un tempo dedicata a Santa Maria Assunta. Così oggi, in cima alla collina troviamo due elementi aggreganti del medioevo, il Castello e la Chiesa ed intorno ad essi si sviluppò il “Borgo“, con le sue molteplici piccole case, dalle quali si snodavano dodici strade e vicoli ed era protetto da mura massicce e da torrette che ancora oggi, ma solo parzialmente, si possono ancora individuare nel tessuto urbano. Successivamente verso la metà del XVII secolo, i D’Aquino di Napoli, diventati prima baroni e poi duchi di Casoli e principi di Caramanico, modificarono la struttura originaria del castello, ampliandola fino a darle l’assetto attuale. Anche la torre medioevale ha subito rifacimenti, la struttura è a puntone, terminante con un’altana sormontata da un forte parapetto sostenuto da beccatelli trilobati. L’attuale coronamento superiore della torre, sostituisce antichi merli molto caratteristici che si trovavano ad un’altezza inferiore. Essa è alta 21 metri e fu incorporata nel castello alla fine del 1300.
   Nel 1700, ci fu una vera esplosione demografica : infatti agli abitanti del Borgo e delle contrade, si aggiunsero molte famiglie forestiere venute da paesi viciniori e anche da terre lontane. Nel libro di prossima pubblicazione su Casoli, si parla in modo più dettagliato dei cognomi che portavano le famiglie venute da fuori : De Vincentiis, Rossetti, Di Giorgio, Consalvi, Ramondo, De Nobili, Della Morgia, Rosato ecc.. In questo secolo furono costruiti i Palazzi Tilli, De Vincentiis, Rossetti, Ricci, Ramondo, Travaglini ecc.. Anche l’agricoltura ebbe un forte incremento per le migliorate tecniche usate nell’aratura, si misero a coltura nuove terre strappate ai boschi, al fiume Aventino, e ai pochi pascoli liberi, talvolta con veri danni per il territorio, che fu in seguito interessato dai fenomeni di smottamenti e frane.
   Casoli ebbe le sue tre porte: Porta Cencio in Piazza del Popolo, Porta Da Piedi alla fine di via Scalelle (nel quartiere dell’olmo vicino a Palazzo Tilli) e Porta Carrozza forse in Piazza o largo Rossetti. Nel Castello risiedevano la camera ducale e la corte di giustizia, mentre la torre fungeva da carcere con le sue famose segrete , mai del tutto identificate . Gli abitanti del Borgo, vivevano sotto la protezione del feudatario, al quale tutti riconoscevano autorità quasi sovrana e sia pure con riluttanza, pagavano decimi e tributi vari.
   Dal 25 gennaio 1799 a Casoli ci furono saccheggi, atti di ferocia e vere stragi da parte di bande di facinorosi venuti da fuori quali, quelle di Pronio prima e quelle di altri dopo. Infine, le truppe francesi di passaggio in Abruzzo per recarsi a Napoli a sostegno della effimera Repubblica Napoletana, fecero il resto, insieme ad alcuni casolani ormai pieni di odio e risentimento verso alcuni dominatori. Il più odiato era Don Ferdinando De Nobili, agente del duca D’Aquino, a cui incendiarono il palazzo facendo perire tra le fiamme lui, la sua famiglia ed alcuni armigeri fedeli. si ebbero gli eccidi di Piazza del Popolo e tante vendette private cui seguirono efferati delitti. Si è parlato spesso di 14 impiccati davanti al castello, ma ai casolani mancano riscontri sicuri per poterne parlare con convinzione.
   In seguito Casoli, entrata a far parte del Regno delle due Sicilie prima e del meridione d’Italia dopo, condivise con esse gli avvenimenti storici e sociali con un atteggiamento spesso di forte estraneità e di dubbiosa attesa di eventi migliori, salvo a ridestarsi con qualche speranza di miglioramento nel periodo del Risorgimento e del vero inizio del riscatto nazionale. Poi, si accorse a sue spese, che i miglioramenti forti li ebbero solo alcune famiglie borghesi emergenti che erano saldamente legate alla politica di moda, all’acquisto delle terre del demanio e all’esercizio delle professioni allora redditizie: avvocatura, notariato e politica.

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